Costituzione

22 dicembre attivazione anniversario firma Costituzione italiana

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ATTIVATORI:

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IU0LGK   
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IU7QCK   
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IZ0PJQ   
IZ0TWI   
IZ4AIF   
IZ5RKH   

Attivatori aventi diritto:

CLASSIFICA Hunter
Posizione Stazione N.QSO Punteggio
1. IZ0PAP 25 24
2. IT9FEG 20 20
3. SP1AOL 13 13
4. IT9ZEO 12 12
5. EA7IRV 11 11
6. IU5KWL 10 10
7. IZ6UWA 9 9
7. IZ6WRI 9 9
9. I0MQV 8 8
9. IT9ZQO 8 8
11. 9A1AA 7 7
11. HB9EZD 7 7
11. IK1JNP 7 7
11. IT9GND 7 7
11. IV3JAZ 7 7
11. IZ0CVT 7 7
11. YO5OSF 7 7
18. IK2JTS 6 6
18. IK2YXH 6 6
18. IK6VNU 6 6
18. IT9AQQ 6 6
18. IU0QVO 6 6
18. IZ0ARL 6 6
18. IZ2GMU 6 6
18. IZ8OFO 6 6
18. IZ8STJ 6 6
27. IU4DAI 6 5
27. DL3AG 5 5
27. EA7FJK 5 5
27. HB9EZA 5 5
27. I8URR 5 5
27. IK7VKC 5 5
27. IK8OXQ 5 5
27. IU1RVT 5 5
27. IU2LUH 5 5
27. IU4PTA 5 5
27. IU5FPO 5 5
27. IU5MPR 5 5
27. IW2OGW 5 5
27. IZ0MAT 5 5
27. IZ8GLB 5 5
27. OK1ANN 5 5
27. ON3EI 5 5
44. OM0MR 5 4
44. EC3A 4 4
44. HB9HRG 4 4
44. IT9IFV 4 4
44. IT9IJF 4 4
44. IT9JDA 4 4
44. IT9JEX 4 4
44. IT9NHC 4 4
44. IU1NHC 4 4
44. IU1PBA 4 4
44. IU2QDO 4 4
44. IU7RAM 4 4
44. IU8AZS 4 4
44. IU8JTA 4 4
44. IV3FMN 4 4
44. IW3HV 4 4
44. IZ4HUB 4 4
44. IZ4YDC 4 4
44. IZ5IOH 4 4
44. IZ6NIV 4 4
44. IZ7FLN 4 4
44. IZ7QEN 4 4
44. LY3PW 4 4
44. OE6MDF 4 4
44. OK1KRJ 4 4
44. PD0RWH 4 4
70. IT9JRB 6 3
70. IZ4PKC 4 3
70. DL1NKS 3 3
70. EA1GM 3 3
70. EA8AP 3 3
70. EB4CLF 3 3
70. F4JGI 3 3
70. G6EXF 3 3
70. HA1BF 3 3
70. I2YKR 3 3
70. I7WL 3 3
70. I8VJK 3 3
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70. IK8DYE 3 3
70. IT9DID 3 3
70. IT9GHW 3 3
70. IT9IRH 3 3
70. IU0ESE 3 3
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70. IU4LHK 3 3
70. IU7EXS 3 3
70. IU8JLX 3 3
70. IW1QEA 3 3
70. IW2BNA 3 3
70. IZ0HQS 3 3
70. IZ1RFK 3 3
70. IZ1UHZ 3 3
70. IZ2IZE 3 3
70. IZ2LUS 3 3
70. IZ4AIF 3 3
70. IZ4OUL 3 3
70. IZ5RKH 3 3
70. IZ6BUV 3 3
70. IZ8OFV 3 3
70. IZ8XDU 3 3
70. OE6BID 3 3
70. PD7LJ 3 3
70. SP6EO 3 3
70. TA3IH 3 3

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La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale dello Stato italiano,[1] e si posiziona al vertice della gerarchia delle fonti nell’ordinamento giuridico della Repubblica. Considerata una costituzione scritta, rigida, lunga, votata, compromissoria, laica,[2] democratica e tendenzialmente programmatica, è formata da 139 articoli[3] e da 18 disposizioni transitorie e finali.[4]

Approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre seguente, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 298, edizione straordinaria, dello stesso giorno, ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948, ne esistono quattro originali: uno presso l’archivio storico della Presidenza della Repubblica Italiana, uno presso l’archivio storico della Camera dei deputati, uno presso l’Archivio Centrale dello Stato[5] e uno presso la biblioteca del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università del Salento.[6]

Il primo esempio in Italia di statuto costituzionale si ebbe a Palermo, quando il 18 luglio 1812 il Parlamento del Regno di Sicilia borbonico riunito in seduta straordinaria, promulgò la Costituzione siciliana del 1812, una carta sul modello inglese.[7] La Costituzione prevedeva un parlamento bicamerale formato da una Camera dei comuni, composta da rappresentanti del popolo con carica elettiva, e una Camera dei Pari, costituita da ecclesiastici, militari ed aristocratici con carica vitalizia. Le due camere, convocate dal sovrano almeno una volta l’anno, detenevano il potere legislativo, ma il re deteneva potere di veto sulle leggi del parlamento.[8] Fu soppressa di fatto nel dicembre 1816 con la nascita del Regno delle Due Sicilie.[9][10]

Nel 1848, con le rivoluzioni scoppiate durante la primavera dei popoli, furono concessi alcuni statuti dai sovrani di alcuni Stati italiani: quello napoletano; quelli del Ducato di Parma e dello Stato della Chiesa; quello albertino nello Stato sabaudo; mentre quello siciliano era non ottriato, dal francese octroyée, cioè non concesso dal sovrano.[11][12][13] Lo statuto napoletano, su ispirazione della Seconda Repubblica francese, prevedeva che il potere legislativo fosse condiviso tra re e Parlamento. In Sicilia, invece, si era formato un regno autonomo la cui Costituzione rendeva per la prima volta le due camere elettive mentre conferiva il potere esecutivo al re che lo esercitava per mezzo dei ministri responsabili, da lui nominati, che sottoscrivevano ogni suo ordine. Veniva riconosciuta la libertà di parola, di stampa nonché di insegnamento. Tale carta costituzionale era “rigida”, in quanto per effettuare modifiche era necessaria una procedura aggravata che prevedeva il concorso di due terzi dei votanti presenti di ciascuna camera.[14]

Anche lo Statuto dello Stato della Chiesa conteneva norme simili alle altre carte coeve. Fatti salvi la dichiarazione della religione cattolica come religione di Stato e il potere di censura ecclesiastica preventiva sulle pubblicazioni religiose, erano recepite le libertà fondamentali del cittadino: la magistratura era indipendente dal potere politico, i tribunali speciali erano aboliti, era garantita la tutela della libertà personale e l’inviolabilità della proprietà. Per la prima volta nello Stato della Chiesa, i laici erano ammessi sia nel ramo esecutivo che legislativo. L’iniziativa legislativa apparteneva ai ministri, che erano di nomina pontificia. Le leggi erano formate tramite un sistema bicamerale perfetto, costituito dall'”Alto Consiglio” e dal “Consiglio dei Deputati”.[15] I membri del primo erano nominati a vita dal pontefice, senza limitazione di numero, quelli del secondo erano eletti. Le leggi, dopo l’approvazione, dovevano essere controfirmate dal pontefice. Nell’esercizio delle loro funzioni i membri delle due Camere erano “inviolabili” e, se condannati, potevano essere arrestati solo con il consenso del Consiglio di appartenenza.[16]

Lo Statuto albertino

Sempre nel 1848 Carlo Alberto di Savoia concesse nel Regno di Sardegna lo Statuto albertino, concessione che non venne revocata dal suo successore Vittorio Emanuele II, diversamente da quanto accadde nello Stato della Chiesa e nel Regno delle Due Sicilie.

Lo Statuto albertino fu simile alle altre costituzioni rivoluzionarie vigenti nel 1848: rendeva lo Stato sabaudo una monarchia costituzionale ereditaria secondo la legge salica, con concessioni di poteri al popolo su base rappresentativa. La sovranità apparteneva al re il quale, da sovrano assoluto, si trasformava in principe costituzionale per sua esplicita volontà e concessione, limitandosi nei suoi poteri. Era una tipica costituzione ottriata, ossia concessa dal sovrano, e da un punto di vista giuridico si caratterizzava per la sua natura flessibile, ossia derogabile e integrabile in forza di un atto legislativo ordinario.[17] Poco tempo dopo la sua entrata in vigore, proprio a causa della sua flessibilità, fu possibile portare l’Italia da una forma di monarchia costituzionale pura a quella di monarchia parlamentare, sul modo di operare tradizionale delle istituzioni inglesi.[18]

Lo statuto corrisponde a ciò che si definisce una “costituzione breve”, limitandosi a enunciare i diritti e a individuare la forma di governo. Tra i diritti veniva riconosciuto il principio di uguaglianza, la libertà individuale, l’inviolabilità del domicilio, la libertà di stampa e la libertà di riunione. Il capo supremo dello Stato era il re e la sua persona era “sacra ed inviolabile”, i ministri rispondevano giuridicamente per gli atti regi.[19] Il re era tuttavia tenuto a rispettare le leggi, ma non poteva essere oggetto di sanzioni penali. Egli esercitava il potere esecutivo attraverso i ministri, convocava le Camere, scioglieva quella dei Deputati e aveva il potere di sanzione delle leggi, istituto diverso dall’odierna promulgazione presidenziale, poiché il re valutava nel merito e poteva respingerle.[20] Inoltre, il re nominava autonomamente il Consiglio dei ministri e il Parlamento si limitava al potere legislativo; la prassi applicativa, tuttavia, sempre più spesso voleva che il Consiglio dei ministri si rifiutasse di restare in carica quando non gradito alla camera elettiva, così che il re fosse considerato più quale rappresentante dell’unità statale che come capo dell’esecutivo.[21][22]

Il Parlamento era composto di due Camere: il Senato subalpino, di nomina regia e vitalizia, e la Camera dei deputati, eletta su base censitaria e maschile. I progetti di legge potevano essere promossi dai ministri, dai parlamentari e dal re. Per diventare legge dovevano essere approvati nello stesso testo da entrambe le Camere e, in seguito, essere munite di sanzione regia. Per quanto riguardava il potere giudiziario, il re nominava i giudici e aveva il potere di grazia. A garanzia del cittadino stava il rispetto del giudice naturale e il divieto del tribunale straordinario, la pubblicità delle udienze e dei dibattimenti. I giudici, dopo tre anni di esercizio, avevano garantita l’inamovibilità, mentre gli era negata l’interpretazione delle leggi con rilievo direttamente normativo.[21][22][23]

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